A PROPOSITO DELLE OTTIME QUALITÀ DI CARATTERE

Prendo spunto dal fatto che le ottime qualità di carattere del primario chirurgo dell’ospedale dove prestavo la mia opera come volontario, gli erano costati tre infarti che lo portarono alla fine della vita, per esporre quel che è emerso a proposito dell’economia bio-energetica dell’organismo dalla ricerca eco-psico-sociale.

Prima di parlare della casistica riguardante la mia esperienza professionale, ribadisco il seguente principio teorico: le quote energetiche che non vengono impiegate in modo congeniale alle informazioni genetiche (si direbbe al “progetto persona”), pare che divengano cariche di tensione non più investibili in senso fisiologico, quindi patogene.
Esse andranno ad accumularsi di solito in organi e apparati, non solo meno vitali, ma preposti alle reazioni fondamentali per la lotta o fuga, ossia nell’apparato osteo-muscolare (in particolare, cingoli scapolari, schiena e arti inferiori). In seguito, incanalandosi verso altri organi e apparati, potranno dar luogo a quadri clinici di solito trattati secondo criteri tradizionali, ossia farmacologicamente, chirurgicamente, oppure con varie metodiche psicoterapeutiche.
Durante la vita intrauterina, lo sviluppo avviene grazie a investimenti bio-energetici che sono pressoché governati dalle informazioni del genoma. Vi sono momenti in cui le quote energetiche vengono prevalentemente investite verso un apparato e relativi circuiti neuro-funzionali e altri momenti in cui prevale l’esigenza di integrazione tra i precedenti complessi anatomo-funzionali.
A mano a mano che lo sviluppo del feto prosegue, aumentano le influenze degli stimoli esterni.

Ricordo, in proposito, che proprio nell’Ospedale a Queens, per i due mesi di pediatria (dove, per la convenzione con il Columbus, i medici interni del primo anno impegnati nel cosiddetto rotating-internship dovevano andare), era in corso un esperimento per cui un gruppo di neonati venivano esposti a una registrazione del battito cardiaco materno.
Così si era accertato che dal quinto mese della vita intrauterina il nostro cervello recepisce e memorizza stimoli uditivi esterni.
Una volta nati, prevarranno sempre più le informazioni ambientali, ma quelle interne, specialmente se finalizzate alla sopravvivenza dell’individuo e in funzione della prosecuzione della specie, non solo rimarranno attive, ma avranno una forza tale da imboccare vie traverse, prevalendo fino a soggiogare funzioni “superiori” del nostro cervello. Si potrebbero così avere fenomeni di “ipertensione energetica” (“overloading”), le cui quote tensive si potranno incanalare verso i diversi organi ed apparati (vie epatiche, renali, cardio-circolatorie, apparato digerente ecc.) dando vita alle diverse forme cliniche note come reazioni e malattie psico-somatiche.
Pertanto, siccome ciò che si trova sotto pressione, se non sfoga all’esterno o gestisce la tensione per interposta persona (per delega), facilmente implode, con le conseguenze dianzi accennate, c’è da preoccuparsi per chi riesce a tenere sempre sotto controllo le proprie tensioni.

E’ la drammatica conseguenza occorsa al primario a cui mi riferivo all’inizio di questo paragrafo: poiché la sua costante preoccupazione era quella di far sentire a proprio agio chi collaborava con lui, mantenendo un costante self control, le tensioni così contenute gli costarono una fine prematura.