GIOVANI COME “PENTOLE A PRESSIONE”

RAPPORTI CONFLITTUALI IN FAMIGLIA

Tanti nostri giovani sembrano avere come caratteristica comune uno stato
di insopportabili tensioni interne che li porta a cogliere ogni occasione per smaltirle.

Si legge sui quotidiani della difficile condizione di tante madri nel gestire il cosiddetto tempo libero dei figli che, ovviamente dopo la chiusura stagionale della scuola, significa stare insieme a tempo indeterminato e per tanti dentro le pareti domestiche. Madri esasperate al punto da ricorrere a minacce e perfino a quella angosciante di scacciare da casa figli fannulloni. Tra i motivi, l’eccessiva applicazione ai videogiochi, ossia ad attività sedentarie e “perditempo” Insomma, ancora una volta oggi, il compito educativo dei genitori si rivela particolarmente problematico.

Tra le ragioni delle difficoltà educative, la conflittualità dei rapporti tra i componenti del gruppo familiare. Questo argomento è troppo complesso per essere affrontato in questa sede, basti accennare al fatto che la famiglia è soprattutto il luogo della soddisfazione dei bisogni vitali, per cui, la rivalità la competitiva è di casa. Inoltre, nei primi tempi di vita, l’attaccamento e l’oblatività materna è sostenuta da una momentanea situazione ormonale e, mentre nelle altre specie, dove il controllo di Madre Natura è più diretto, le successive reazioni di espulsione dal branco rispondono a esigenze di affermazione colonizzante della specie, negli umani interferiscono diversi moventi psicoemotivi. In debito conto va tenuto presente che nella nostra specie la capacità di procreare non si accompagna necessariamente con la genitorialità sul piano psicorelazionale per cui i rapporti genitori/ figli possono subire interferenze disturbanti da ambivalenza: da una parte, tendenza a mantenere un rapporto di dipendenza con conseguente inversione dei ruoli (i genitori si aspettano dai figli prestazioni parentali) e, dall’altra, doverosa applicazione a rendere socialmente autonomi i figli.

La naturale esuberanza anche dei cuccioli d’uomo, alla cui esasperazione, che li porta a insostenibili livelli di tensione psico-emotiva, concorrono diversi fattori, tra cui le attuali e molto diffuse condizioni di vita urbanizzata dove sono carenti le opportunità di giochi liberi e in spazi adeguati, che non consistano in un consumo di giocattoli e di giochi che giovano piuttosto al mercato anziché ai giovani soggetti. Se mancano opportunità di scarica ludica, comunque inoffensiva, certamente metodi considerati “educativi” ispirati a criteri autoritari, intimidatori, quando non minacciosi o corruttivi e ricattatori, non aiuteranno un armonico sviluppo della personalità dei giovani soggetti che, anzi, aggraveranno il loro stato di tensione. Purtroppo, metodi educativi improvvisati non conoscono altre alternative al di là o di un eccessivo rigore oppure, all’opposto, un irresponsabile lassismo.

Se proprio non avessimo avuto prima e altrove l’opportunità di acquisire una sufficiente consapevolezza su come e quanto sia inadeguato l’ecosistema della stragrande maggioranza delle nostre abitazioni e dell’habitat cittadino, la cui progettazione sembra finalizzata piuttosto all’intervallo tra un giorno di lavoro e il successivo e a fini consumistici, che non tiene sufficientemente conto delle esigenze dei soggetti in età evolutiva, notizie come quelle sopra accennate e che scaturiscono da una ricerca universitaria ci potrebbero dare un’idea circa l’attuale condizione tensiogena del rapporto genitori figli e società. Ricaduta sul versante sociale, allorché questi divengono cittadini capaci di comportamenti autonomi. In vero, a volte apparentemente tali, giacché le suddette tensioni giovanili incontrano a ogni piè sospinto scopi utilitaristici di astuti e fascinosi leader secondo il consolidato modello Pinocchio/Lucignolo.
Se si tiene conto che tanti problemi di rilevanza sociale, dalla droga alla partecipazione dei giovani a bande e organizzazioni antisociali, che vengano reclutati in varie file da quelle dei drogati a quelle delle sette sataniche, quando non in quelle più estremiste degli attentatori terroristi, costituiscono una risultante dell’incontro tra domanda e offerta, vale a dire tra situazione psicoemotiva dei giovani e gli anzidetti manipolatori mossi da interessi di mercato e di potere.
La cronaca di ogni giorno riporta episodi riguardanti i giovani che si rendono responsabili di gravi comportamenti violenti, ora negli stadi ora in occasione del G8, ora sotto coperture ideologiche e, specialmente dopo che sono stati individuati i poco più che bambini autori dei gravissimi attentatori di Londra, per i quali pare che la copertura ideale, sia pure indotta da adulti mandanti, sarebbe quella religiosa islamica.
In vero è propria dell’uomo la tendenza, direi l’esigenza di “verniciare” con alibi idealistici i propri comportamenti qualunque essi siano. anche Hitler, a modo suo, operava e induceva a operare per fini “ideali” ritenuti sacrosanti.
Sembra balzare evidente agli occhi una condizione comune a molti giovani caratterizzata da uno stato di profondo disagio e, in particolare, di tensione nervosa che dà vita, si fa per dire, in realtà soprattutto ad amare sofferenze e morte, a sempre più preoccupanti fatti di cronaca violenta.
Se la diagnosi è corretta, la cura, anzi la prevenzione potrà consistere nel dare ai nostri giovani, sin dai primi tempi di vita, condizioni più congeniali alle loro esigenze evolutive, finalità che merita priorità rispetto al tema demografico che si preoccupa delle nascite in base a criteri numerici e percentualistici rispetto ad altre popolazioni.