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Oggi
si parla molto di sanità malata, specialmente per quanto riguarda
l’assistenza ospedaliera. Avendo avuto modo di osservare il
mondo medico da vari punti di operatività professionale, a
vari livelli e anche all’estero, ne evinco che fattori storico-culturali
e influenze storico-personali si intrecciano in modo pressoché
inestricabile. LE QUALITÀ PERSONALI DI CHI ASSISTE UNA PERSONA CHE NECESSITA DELLE SUE CURE POSSONO INFLUENZARE ANCHE IL DECORSO DI UNO STATO DI SOFFERENZA Sarà
bene a questo proposito tenere presente quanto ha esplicitato lo psicoanalista
inglese Michael Balint il quale, tra i primi, ha parlato di somministrazione
di sé, ossia della propria personalità, nel corso del
rapporto tra operatori sanitari e paziente. COMPONENTI IRRAZIONALI CHE POSSONO INTERFERIRE NEI RAPPORTI TRA OPERATORI E PAZIENTI Per comprendere quel che può accadere sul piano emotivo, ci vengono in soccorso alcuni concetti psicoanalitici: è di esperienza comune che a ogni nuovo approccio con una persona si provano sentimenti positivi o negativi più o meno intensi e dei quali a volte non siamo neanche consapevoli. In termini tecnici si parla di transfert e di controtransfert per indicare quelle emozioni dei rapporti dei primi tempi di vita che proiettano le loro ombre specialmente quando il rapporto con una persona richiama nei profondi meandri della psiche esperienze significative patite nella propria famiglia. Ogni persona in condizioni di sofferenza e quindi di bisogno si trova più o meno in una situazione relazionale vicina a quella della propria infanzia. Tra i rischi più insidiosi vi è inoltre quello della cosiddetta compulsione a ripetere: se si è subita un’esperienza negativa, specialmente se non si è avuta la possibilità di smaltire altrimenti i connessi risentimenti (la psiche è restia a scaricarli contro la persona dalla quale si dipende di più) si tende coattivamente a provocare comunque la situazione traumatica per liberarsi dal magone. Tali comportamenti provocatori possono assumere anche il significato di test di accettazione quasi sempre molto arduo perfino da sopportare. COME SI SPIEGANO ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI SCONCERTANTI E DURI PERFINO DA PARTE DI PERSONALE RELIGIOSO Purtroppo,
sia i corsi di laurea per i medici sia quelli per la preparazione
degli altri operatori si limitano a nozioni teoriche e non prevedono
interventi tempestivi con metodiche che vanno dal counseling individuale
alle metodiche psico-sociali per la verifica delle attitudini, l’individuazione
e l’avvio a soluzione di eventuali problemi psico-emotivi che
possono interferire con l’operatività professionale. ALCUNI CASI DI EFFETTO PLACEBO Esemplifico ora gli effetti positivi, riportando alcuni casi che mi
sono occorsi durante l’esperienza professionale e dei quali
già scrissi in un articolo pubblicato diversi anni fa su un
periodico di medicina omeopatica: SE QUALITÀ PERSONALI DELL’OPERATORE SANITARIO AGISCONO QUASI COME UN PRINCIPIO ATTIVO…? Forse
nulla come l’effetto placebo può rendere evidente come
la preparazione-formazione degli operatori sanitari non si possa limitare
all’acquisizione di nozioni teoriche, né alla trasmissione
di valori e di norme deontologiche ma debba comprendere la verifica
delle attitudini e, previa consapevolezza di eventuali problemi caratteriali
che potranno interferire con l’operatività professionale,
il ricorso ad apposite metodiche psicodinamiche per liberarsene o
almeno renderli meno pregiudicanti. Come per tutte le altre professioni,
anche per quella medica sussiste il rischio di portarsi dentro, sin
dall’infanzia, problemi di carattere che potranno rendere più
difficile la vita per sé e per gli altri. Dal momento che molti
problemi di rapporto non si manifestano come tali, ma con sintomi,
il medico, per non correre e far correre il rischio di complicare
il quadro clinico, dovrebbe (eccetto i casi di urgenza) mediante un’accurata
anamnesi individuare eventuali condizioni di disagio esistenziale,
prima di ricorrere a terapie farmacologiche. In effetti, adoperando
farmaci (sia pure psicofarmaci) nei casi in cui i sintomi sono psicogeni,
si rischia di introdurre la persona sofferente in un tunnel farmacologico
dal quale difficilmente riuscirà a venirne fuori. Purtroppo,
i corsi di studi per la laurea in medicina e chirurgia come pure per
i diplomi di infermieri professionali e di caposala ancora lasciano
a desiderare per quanto riguarda la formazione psicodinamica dei rispettivi
operatori. Roma,
25 novembre 1999 __________________Pier
Luigi Lando
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