ANCHE
PER I RAPPORTI CONIUGALI VALE LA COSIDDETTA
LEGGE DI LAVOISIER?
“In
natura nulla si crea e nulla si distrugge” è forse tra
le affermazioni - anche se questa impropriamente attribuita a Lavoisier
- che sono rimaste più radicate nella memoria di quanti siamo
passati per le scuole medie superiori.
L’analogia mi torna perché, sin dai tempi della mia permanenza
negli U.S.A., cioè dall’autunno del 1958, avevo iniziato
a fare attenzione ad alcuni fenomeni di coppia che oggi sempre più
di frequente sono osservabili anche da noi.
Mi riferisco all’evoluzione, ma pure all’involuzione a
alla disevoluzione sino all’apparente rottura del rapporto coniugale.
In particolare, avevo notato che tra partner coniugali, pur essendosi
separati nel peggiore dei modi, un tipo di legame permaneva, sino
al punto che, a volte, si manifestava intenzionalmente come amicizia,
con certi connotati, però (di dipendenza ecc.), tali da ricordare
quanto dirò fra poco a proposito della “sindrome della
cotta”. Mi aveva colpito maggiormente il fatto che, se essi
tentavano di ristabilire il rapporto more uxorio, ricominciavano a
litigare e a presentare altri tipi di problemi, come quelli dell’impotenza
e, anche, della frigidità, relativa. Comunque, il tipo di rapporto
si trasformava, ma non finiva.
Ci vollero altre mie esperienze (osservazioni presso consultori familiari
in Francia, Svizzera, Inghilterra, grazie a borse di studio O.M.S.,
altre esperienze qui in Italia, come quella presso un Centro per donne
separate, ma anche come medico di famiglia, come psicoterapeuta, nonché
come facente parte dei docenti per nubendi ecc.) per giungere a qualche
ipotesi attendibile.
Intanto avevo avuto pure modo di constatare che le coppie che andavano
più facilmente in crisi erano quelle che avevano convolato
a giuste nozze in fase di “Grande Amore”. Quindi, la mia
attenzione venne attratta da alcune caratteristiche del rapporto in
fase di “cotta.”, vale a dire una specie di sindrome caratterizzata
da: dipendenza, esclusivismo, ambivalenza, angoscia abbandonica, disturbi
del sonno e dell’alimentazione, ritorno del pianto.
Nell’insieme, il tutto mi dava l’impressione di una riedizione
del rapporto primario. Le frasi: “Tu sei tutto al mondo per
me”; “Senza di te non potrei vivere” e via di seguito,
rappresentavano, allora, una specie di verniciatura romantica che
mascherava un tipo di rapporto infantile?
Un’altra analogia chimico-fisica, quella di valenze, mi ha indotto
(o aiutato?) a liberarmi dalle mistificazioni coperte da belle parole,
come quelle di Amore, Affetto ecc. e a porre su un piano più
realistico i fenomeni su accennati.
Del resto, nel linguaggio comune, non si parla di “combinarsi”
con qualcuno?
É appena il caso di precisare che, come tutte le analogie e,
in specie, questa, deve esser presa cum grano salis.
Ho distinto, allora, le valenze in:
- primarie o del rapporto verticale: madre/figlio
- secondarie o del rapporto orizzontale: amicali, pedagogiche, psicoterapeutiche
(o, come preferirei, psicagogiche), altri rapporti di affetto con
familiari ecc. e, finalmente, quelle coniugali.
La prevalenza di valenze di tipo primario, sin dal momento della formazione
di una coppia o la successiva regressione e recupero delle valenze
primarie potevano spiegare perché partner coniugali che, per
legge, convinzioni religiose e per vari motivi erano e intendevano
convivere da marito a moglie, psicologicamente potevano non essere
tali sin dall’inizio oppure non lo erano più, sempre
in rapporto alle quote di valenze dell’uno o dell’altro
tipo?
L’affermazione di alcune donne: “Dal giorno in cui mio
marito mi ha visto incinta, non è stato più mio marito,
è come se avessi un altro figlio” sembrano confermare
l’ipotesi che a complicare i rapporti coniugali contribuiscano
molto residui di problemi risalenti alla mancata o disturbata evoluzione
del rapporto primario.
Reazioni di gelosia da parte del padre, suo malgrado, nei confronti
del figlio sino al punto da picchiare la moglie (anche da parte di
uomini di alto livello culturale e che non si sarebbero mai sognato
di alzare le mani contro una donna) mi davano sempre più motivo
di propendere per la validità dell’ipotesi appena formulata.
Alcuni genitori rivivono nella nascita del figlio (specialmente se
coattivamente desiderato) il trauma di un fratellino o sorellina rivali.
Si tratta di “figli della compulsione a ripetere” . Ma
su tale questione potrò tornare più in là, in
modo più puntuale.
Un’altra ipotesi è stata quella che i cosiddetti tradimenti
o corna (termini che saranno stati coniati con intenti deterrenti,
cioè di circondare di un’aura di vergogna le scappatelle
extraconiugali, sempre al fine di difesa della stabilità della
coppia) potevano costituire una specie di fuga da un rapporto vissuto
come incestuoso. In proposito non sono in grado di stabilire se e
quanto il cosiddetto evitamento dell’incesto sia prevalentemente
dovuto a fattori naturali o culturali.
A favore di quest’ultima ipotesi vi è il dato di fatto
che nell’atmosfera della famiglia tradizionale si apprende,
così come se ne respira l’aria, che la persona a cui
si vuole bene e che si rispetta non si pensa in termini sessuali.
Riguardo al frequente fenomeno - più facilmente osservabile
nell’uomo - della successiva scelta di una partner, nel senso
che spesso si tratta di mariti di mogli molto belle, avvenenti, desiderate
da altri uomini e che vanno a scegliersi o una prostituta o una donna
addirittura piuttosto brutta, può spiegarsi con il tipo di
educazione sessuale tradizionale o meglio con i vissuti nei confronti
del sesso, in specie di sporco, che si acquisivano nella nostra cultura.
Una serie di ulteriori osservazioni mi indusse a ipotizzare che sesso
e affetto stiano difficilmente insieme: sia uomini che donne mi riferirono
che i loro rapporti si complicavano non appena si affezionavano. Responsabili
le valenze di tipo primario, la fame di mamma?
Altre osservazioni che mi sono sembrate significative per alcune ipotesi
- che come le precedenti, sottopongo alla verifica critica dei colleghi
- riguardano alcune vicissitudini coniugali di Grandi Geni. Tra questi,
quello di Giuseppe Verdi con Giuseppina Strepponi, Di Fryderyk Chopin
con George Sand: non erano state le medesime donne, artiste esse stesse,
a portare al successo artistico questi uomini?
Come si può spiegare che, non appena divenute partner coniugali,
siano divenute estremamente possessive e gelose al punto da distruggere
quanto avevano fatto?
E che dire di Socrate e Santippe? Del Mahatma Gandi e sua moglie?
La teoria del cervello uno e trino di MacLean, i documentari televisivi
sugli animali e letture di etologia mi hanno indotto a formulare altre
ipotesi:
la donna, per natura, più in sintonia con il livello di organizzazione
cerebrale deputato alla conservazione della specie e, in genere, con
esigenze essenzialmente vitali, non può esser dolce (in specie
con chi “funziona” ispirato dal livello di organizzazione
cerebrale filogeneticamente più recente e, in particolare,
dal cervello immaginante-creativo), anzi il fatto che, per educazione,
lei si sforzi di apparire tale le crea problemi che spesso si somatizzano.
In proposito e per inciso, preciso che, specialmente nel nostro contesto
culturale, i problemi di rapporto spesso non si manifestano come tali,
ma mediante sintomi psicosomatici.
Oltre alla via psicosomatica, gli stessi problemi relazionali si possono
manifestare per interposta persona, per delega. Gli psicoterapeuti
del gruppo familiare parlano di paziente designato, quello che, inconsciamente,
si fa carico delle difficoltà dei genitori, amplificandole
con sintomi che possono assumere connotazioni perfino psicotiche.
A proposito della dolcezza attribuita dall’uomo alla donna,
anzi spesso pretesa, vi sono da considerare alcune complicazioni speculari
alle attenzioni che l’uomo (come tanti altri maschi di altre
specie) le presta durante la fase del corteggiamento.
La donna - sempre per natura - può apparire angelicamente disponibilee
durante le sue strategie seduttive, ma, soprattutto, lo è nel
ruolo di madre. Questo è il fianco debole su cui conta l’uomo,
con le complicazioni di cui dirò tra poco.
Intanto, sembra che, sia i comportamenti del corteggiamento sia quelli
di seduzione, durino fin quando la coppia s’è formata.
Dopo di che, i due si scoprono diversi.
In natura, la femmina appare programmata come integerrima, intransigente,
anche spietata, cooperatrice della selezione naturale.
Forse, specialmente per cultura, lei tende alla stabilità del
rapporto coniugale, molto di più dell’uomo, anche perché,
ancora oggi, sarà rimasta condizionata dal fatto che, economicamente
sia stata per secoli dipendente vita natural durante, passando dal
mantenimento da parte della famiglia paterna a quella del marito.
Probabilmente, anche per il fatto che al rapporto sessuale può
seguire la gravidanza, per lei il rapporto sessuale è un evento
tremendamente molto più serio che per l’uomo.
Questi, invece, per natura, appare programmato in modo da poter proporre
il proprio patrimonio eredogenetico, quasi indiscriminatamente.
Inoltre, per lui, il rapporto può avere prevalentemente uno
scopo detentivo, di svuotamento delle vescicole seminali, quasi come
quello della vescica ecc.
É questo uno dei motivi di maggiore incomprensione tra lui
e lei: per lei il rapporto extra significa senza appello tradimento,
mentre per lui non lascia alcun segno sul suo animo.
Per Giacomo Puccini si trattava di “boccate d’aria”,
non per sua moglie!
Per quanto riguarda l’esigenza sociale, anagrafica, della stabilità
del nucleo familiare, v’è da osservare che, unitamente
alle norme legislative e morali-religiose, - forse “dal dì
che nozze, tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di
se stese e d’altrui”, hanno un ruolo molto importante
alcuni espedienti culturali: per esempio, s’è cercato
di assicurare in vario modo (mediante usanze, costumi, rituali, luoghi
comuni e ogni genere di suggestione), sia pure una stabilità
di facciata. Per esempio, all’insegna della massima: “tra
moglie e marito non mettere il dito”, sino a qualche decennio
fa, si assicurava alla famiglia un’area tabù da “Sancta
Sanctorum”.
La forza di contenimento, esercitata per secoli, sulla coppia-nucleo
che doveva assicurare la stabilità del gruppo familiare, considerato
il mattone essenziale dell’assetto sociale, se da una parte
rende ragione che esso era in funzione dell’organizzazione sociale,
dall’altra fa pensare che senza le suddette remore, la coppia
non aveva (e non ha) legami sufficientemente forti e durature.
La coppia coniugale si forma in base, oltre che a eventuali istanze
problematiche risalenti alla propria infanzia, di solito, a suggestioni
precarie: l’aspetto fisico, i su accennati comportamenti di
corteggiamento e di seduzione, sentimenti, attese idealizzate. Alcuni
fenomeni del cosiddetto innamoramento, a volte ricordano quelli del
plagio, del soggiogamento del cervello e addirittura dell’ipnosi.
Non si dice che si perde la testa? Fa pensare pure il ruolo che ha
lo sguardo. Alfredo, nella Traviata, esclama: “… quell’occhio
al core onnipotente va”.
La connotazione di coattività, quando accompagna le interazioni
di coppia, è indice della prevalenza di problemi di vecchia
data per cui si può avere la coppia da compulsione a ripetere
secondo una specie di copione.
In proposito, a me risulta che la tendenza coattiva a riproporre drammi
giacenti nel profondo della psiche costituisce una specie di messaggio
S. O. S. di liberazione
Siccome un ruolo destabilizzante di primo ordine sembra che lo abbiano
la persistenza delle valenze di tipo primario, la fame di prestazioni
materne, l’insufficienza dell’Io (nel senso che l’Io
non è in grado di far fronte a una delle più importanti
esigenze dell’essere vivente: quello di stabilire un rapporto
con l’ecosistema in modo da soddisfare le proprie esigenze vitali)
i relativi vecchi conti da regolare per via transferale, sarebbe auspicabile
che i partner, unitamente agli altri doverosi accertamenti prematrimoniali,
si preoccupassero di liberarsi dai problemi della propria infanzia
che potrebbero ipotecare di più il loro rapporto.
Si eviterebbe, in tal modo, che lui rimanga frustrato nello scoprire
che la propria donna non sia più dolce e lei frustrata per
le cessate attenzioni di lui che, invece di restare con lei, si faccia
prendere da altri interessi: di lavoro, di sport, di politica ecc.
In proposito, mentre si ritiene che tra lui e lei vi sia una perenne
attrazione, la storia e l’esperienza quotidiana ci dimostrano
che, contemporaneamente, sussistono tendenze di reciproco evitamento:
varie istituzioni (religiose, militari, professionali ecc.), costumi,
usanze confortano tale tesi.
Se poi si dovrà tenere conto – come a me pare –
del livello di organizzazione cerebrale di base così come appare
dall’osservazione di quanto avviene nelle altre specie, ci si
renderà conto di una fondamentale difficoltà di coesistenza
pacifica tra i due sessi: in natura, infatti, prevale la tendenza
alla segregazione sessuale, per cui la specie umana si mostra come
la più ostinata ad andare contro natura, pretendendo una felice
convivenza tra uomo e donna per la maggior parte del tempo nella giornata
e nell’anno. Si va alla ricerca dell’uomo e della donna
della propria vita come principale obiettivo.
Ancora, in base a considerazioni come quelle appena menzionate, si
ridimensionerebbe la tendenza a cercare di rimediare alla crisi della
coppia mediante messaggi-chiave di tipo infantile che non solo da
parte di lui, che cerca nella moglie la madre, ma anche da parte di
lei che avrà sposato lui come “mammo”.
In definitiva, pare che, spesso, si tratti piuttosto di tutta una
serie di complicazioni che possono inficiare l’unione coniugale
anziché di una trasformazione “alla Lavoisier”.
E’ ovvio (ma è come se ce lo dimenticassimo) che i bambini
di oggi saranno i cittadini di domani che svolgeranno funzioni e compiti
anche di nodale responsabilità, ivi compresi quelli di coniugi,
di genitori, di educatori
Gli animali, per istinto, non prolificano (fanno notizia quando partoriscono,
per esempio, in condizioni di cattività) se l’ambiente
non consente un soddisfacente sviluppo della prole. L’uomo non
dovrebbe trarre da ciò qualche insegnamento?
E’ auspicabile che invece della (o almeno unitamente alla) incentivazione
della natalità, più responsabilmente, ci si preoccupi
della persona sin dal momento del concepimento mentale (dato che oggi
è possibile evitare le nascite per sbaglio), curando che essa
possa usufruire di quelle indispensabili condizioni e fattori di crescita
fisica, psicoemotiva e sociale.
Roma,
4 luglio, 1999________________ Pier Luigi
Lando