A
PROPOSITO DEL FIGLIO A OGNI COSTO
IL
DESIDERIO NON E’ SEMPRE AUTENTICO: ESISTE LA PATOLOGIA DEL DESIDERIO
Ogniqualvolta
succede qualcosa di sconcertante, amplificato dai mass media, si riaccendono
polemiche indicative di un punctum dolens, come quando il medico esercita
una pressione su una parte del corpo affetta da infiammazione.
Giustamente, tra i punti più dolenti della nostra realtà
quotidiana, vi è quello del diritto- desiderio ad avere figli.
Il lamentato fenomeno del calo delle nascite contribuisce indubbiamente
ad esasperare anche questo dibattito.
Da una parte si parla del diritto ad avere un figlio come se quelli
del nascituro non esistessero e, dall’altra, si ritiene che
il fine giustifichi i mezzi.
Si mette l’accento sulla posizione egoistica a non volere figli;
ma, facendo così leva su sensi di colpa e di autosvalutazione,
non si rischia di indurre artatamente le persone a procreare per dimostrare
di non essere egoisti?
E’ proprio morale questo tipo di pressione morale a mettere
al mondo figli? Essa, tra l’altro, viene ad appesantire ulteriormente
d’angoscia quella tradizionale e ben nota esercitata da parenti,
amici e quanti altri su ogni coppia.
Nonostante l’esperienza e l’autodenuncia di personaggi
anche molto noti, a iniziare da Saul (Paolo di Tarso, San Paolo),
i quali ci hanno comunicato il loro dramma riguardo alla incoerenza
tra la buona volontà e il comportamento, si continua a dare
per scontato che quel che si desidera consapevolmente corrisponda
a quel che si vuole effettivamente.
Purtroppo, non siamo tutti d’un pezzo. La nostra personalità
è composita e la sua struttura, sia sul piano neurofisiologico
sia su quello psicoemotivo è talmente complessa che la sua
profonda conoscenza può spiegarci perché l’incoerenza
sia retaggio degli esseri umani.
In particolare la psichiatria ci informa che quando il desiderio si
presenta con caratteristiche di coattività, è particolarmente
sospetto: quasi sempre nasconde qualcosa di diverso nei profondi meandri
della nostra psiche. Le sindromi ossessive si accompagnano alle manifestazioni
altrettanto nevrotiche come le sindromi fobiche, tanto che si parla
di sindromi fobico-ossessive.
In proposito, devo spendere qualche parola per quanto riguarda la
generale diffidenza nei confronti della psicologia.
Anche per questa categoria dello scibile umano vale il criterio generale
e cioè che anche essa è uno strumento e che il tutto
dipende dal modo come viene usato.
In effetti, la stessa disciplina ci può rivelare che può
essere strumentalizzata per nascondere propri problemi infantili anche
da operatori di alto sucesso e viene spesso usata come arma anche
da super-analizzati.
Ciò posto, le resistenze nei suoi confronti sono umanamente
comprensibili, giacché una profonda conoscenza di sé
stesso comporta spesso la scoperta di altarini, di nostri scheletri
nell’armadio, comunque di qualcosa che abbiamo rimosso e metterebbe
in discussione l’immagine che abbiamo di noi stessi e che intendiamo
esibire ai nostri simili.
Più volte ho scritto sul fenomeno dei figli superdesiderati
e supermaltrattati.
In base ad alcuni casi che mi erano capitati sotto osservazione, assumevo
che il figlio poteva rappresentare simbolicamente il fratellino rivale
di ieri.
Cerco di spiegarmi con un esempio.
Se un aspirante padre, durante la propria infanzia, aveva avuto l’esperienza
di essere stato privato delle cure parentali a causa della nascita
di un fratellino, può sviluppare il desiderio coatto di riproporre
la situazione tramite la nascita di un figlio/a.
In effetti, la nostra psiche tende a liberarsi da un “magone”
che a suo tempo essa stessa aveva messo da parte nell’inconscio.
In psicoanalisi si parla di compulsione a ripetere per indicare questo
processo (meccanismo) di difesa da qualcosa che ci angoscerebbe troppo
se lo avessimo a livello di consapevolezza tale e quale era stato
in realtà. Allora il tutto può essere riproposto, consentendo
l’espressione dei connessi risentimenti, mediante processi psichici
che mascherino al massimo i contenuti incosci. Tra questi processi,
vi è la simbolizzazione e lo spostamento (transfert) su altri
“oggetti”. Si chiederà, ma sarà più
accettabile per la coscienza picchiare un figlio anziché il
fratello (la sorella) rivale?
A parte il fatto che al tempo in cui si era risentito della sottrazione
delle cure parentali non si era in condizioni di reagire (voler bene
al fratellino, alla sorellina era una norma fortemente inculcata senza
possibilità di appello pena ricatti morali mediante spiacevoli
e colpevolizzanti sanzioni da parte degli adulti, sino alla minaccia
di perdere del tutto il loro affetto), i maltrattamenti contro un
figlio vengono generalmente giustificati in vario modo: come giuste
punizioni a fini educativi e, nella peggiore delle ipotesi, come dovuti
a perdita di pazienza, per stanchezza e via di questo passo.
Verosimilmente, oggi nascono molti di più figli della compulsione
a ripetere rispetto a ieri così come in passato prevalevano
quelli concepiti per sbaglio.
L’incidenza degli aborti potrebbe dare ancora la misura dei
concepimenti per sbaglio così come i maltrattamenti potrebbero
(specialmente se fossero noti i maltrattamenti meno espliciti, come,
per esempio, quelli paradossali da superprotezione) darla per i nati
della compulsione a ripetere.
Sembra abbastanza evidente che tra le tante cause del calo della natalità
vi sia da annoverare il fatto che oggi un numero crescente di coppie
è in grado di evitare i concepimenti “per sbaglio”.
Venuta meno quest’ultima condizione, si accresce, invece, la
preoccupazione di quanti tengono in maggior conto il numero dei nati
piuttosto che la qualità della loro vita.