A
PROPOSITO DI SIMPATIE E DI ANTIPATIE
Come
per gli altri sentimenti, positivi e negativi, è noto che vi
possono essere vari gradi di simpatia e di antipatia e che essi possono
trasformarsi in ardenti e trascinanti passioni o attenuarsi fino a
smorzarsi del tutto.
Le componenti irrazionali dei sentimenti, specialmente di quelli negativi
che scatenano cariche aggressive, sono generalmente molto temute e
non sempre consapevolmente.
Particolari forme di difesa vengono opposte nei riguardi dei sentimenti
di rivalità fraterna, specialmente quando sono inconsci, quando
sono diretti contro persone diverse dai propri fratelli e quando si
provano in età adulta.
Esiste una certa significativa coincidenza fra connotazioni «antipatiche»
di una persona verso cui si prova avversione e alcuni tratti caratteriali
non accettati da noi stessi. .
Si direbbe che la nostra psiche, allorché subdora la possibilità
di prendersela con qualcuno riconoscibile come «cattivo»,
tratti allo stesso modo sia che «il cattivo» faccia parte
del sé, sia che appartenga ad altri. Pertanto, analogamente
alle reazioni autoimmuni fisiopatologiche, avremmo reazioni di rigetto
psicopatologiche.
Tuttavia le reazioni «psico-allergiche» si scatenano,
di solito, contro «parti cattive» introiettate, ossia
interiorizzate in_seguito ad acquisizione mnemonica dovuta all’esperienza.
Le reazioni di rigetto si possono manifestare in modo genuino quanto
disturbante per chi le deve subire. Quindi ci troviamo di fronte ad
una dinamica analoga a quella del capro espiatorio.
Altre volte, oggetto della penalizzazione è una parte per il
tutto.
Un caso particolare di questa dinamica è quello delle reazioni
di rigetto nei confronti dei genitali.
Per comprendere meglio questo fenomeno, occorre considerare il cosiddetto
«complesso di Edipo» in una visuale che ci sembra più
realistica.
Secondo questa ottica, il (la) bambino/a non desidererebbe uno dei
suoi genitori in senso sessuale, ma come complemento del proprio IO,
«fisiologicamente» insufficiente, incompetente, incapace
di soddisfare le proprie esigenze vitali.
Per ragioni più o meno plausibili, la nostra realtà
pone i genitori nelle condizioni di dover somministrare una serie
di frustrazioni alla prole. Alcune di queste frustrazioni sono salutari
poichè anche la psiche si deve allenare e superare ostacoIi
per la vita. Vi sono, tuttavia, frustrazioni che un bambino può
vivere negativamente perché sono state somministrate impropriamente
(per l'età, il momento, particolari circostanze ecc...) o perché
sono state subite.
Fra queste, ad esempio, vi possono essere quelle connesse con le strategie
per far si che il bambino «si abitui a dormire da solo nella
propria stanza”.
Questo è uno dei momenti più delicati nella vita di
un bambino, giacché egli lo può vivere come un'esclusione
imposta, anche quando i genitori cercano di «farlo per il bene
del figli”: una manovra intenzionalmente autanomizzante, da
parte dei familiari, può sortire l'effetto opposto se vissuta
terroristicamente dal piccolo.
Egli potrà percepire che la sua esclusione è dovuta
al fatto che, proprio nel momento in cui avrebbe più bisogno
del calore affettivo dei genitori, questi, rivendicando la propria
posizione di marito e moglie, lo escludono perché piccolo,
non dotato dei medesimi attributi degli adulti e quindi…d'impaccio.
La particolare posizione di vulnerabilità del bambino, lo porta
a vivere come perdita (con una reazione di lutto, in termini psicodinamici)
dei genitori allorché questi non gli appaiono più come
padre e madre.
Le conseguenti reazioni a carattere rivendicativo, di gelosia, invidia,
antipatia oppure di disperazione (depressione) ecc... emergono tanto
più facilmente quanto più il piccolo è rimasto
traumatizzato nel suo rapporto privilegiato con la madre durante la
fase simbiotica, quando lei era tutta in suo potere, quando con la
madre egli si sentiva al sicuro ed appagato e, senza la madre (vissuta
come parte essenziale di sé) si sentiva annichilito, esposto
a pericoli e ad ogni genere di esperienze negative.
Particolarmente traumatica e patogena è l'esperienza di perdita-esclusione
dal rapporto privilegiato con la madre a causa di un nuovo intruso,
quale può essere l'arrivo di un fratellino (sorellina).
Le conseguenze della rivalità fraterna, sono comprensibilmente
sfuggite all'osservazione delle passate generazioni, forse perché
l'esigenza di avere braccia per i lavori campestri, soldati per difendere,
o rendere più grande la Madre Patria, contrastate peraltro
dall'elevata mortalità infantile, ha prevalso inducendo a mantenere
forte una pressione sociale a prolificare ad ogni costo, senza neanche
preoccuparsi molto della qualità della vita cui sarebbero andati
incontro molti nascituri.
Quando si pensa alle conseguenze della rivalità fraterna, più
gravi sul versante sociale, quale può essere la tendenza a
demonizzare l'altro fino a riconoscerlo come nemico da eliminare singolarmente
o con i massacri collettivi di cui rigurgita la nostra storia, ci
si accorge come neanche gli studiosi di psicosociologia abbiano riconosciuto
in tutta la sua pesante patogenicità la rivalità fraterna,
a parte alcuni psicoanalisti che hanno parlato della guerra come delitti
edipici differiti.
Più
conosciute sono le conseguenze sul piano clinico da parte dei cultori
della psicologia dell'età evolutiva. .
Frequentemente i risentimenti da rivalità fraterna si traducono
in sintomi psicosomatici, quali fenomeni da regressione psicoemotiva
come per recuperare i «titoli» per competere con le esigenze
del nuovo arrivato (enuresi, disturbi comportamentali, alterato rapporto
con il cibo, con il sonno ect.).
Gli effetti deleteri della rivalità fraterna si ripercuotono
addirittura sulla nostra vita politica quando essi disturbano i rapporti
fra leaders, in modo inspiegabile sul piano razionale.
Pur è vero che questo tipo di rapporti può essere di
già disturbato da istanze più ancestrali provenienti
dal cosiddetto «cervello da rettile» conosciute dagli
etologi come moventi delle lotte per il predominio; tuttavia non v'è
dubbio che tali istanze vengono esacerbate da problemi connessi con
la rivalità fraterna e che si esprime per via transferale.
Va da sé che queste istanze, unitamente a tutte le altre di
tipo irrazionale, di cui si è detto, interferiscono con ogni
tipo di rapporto interpersonale e non risparmiano neanche i rapporti
fra uomini di scienza, laddove si presumerebbe che tutto avvenga sul
piano razionale;
Particolari complicazioni, a causa delle medesime interferenze che
scaturiscono «al di là della ragione”, si verificano
quotidianamente negli ambienti di lavoro, dove facilmente i rapporti
si connotano di potere, disturbando la collaborazione e compromettendo
la salute somatopsichica sia di chi svolge ruoli direttivi che «subordinati».
Anni di «educazione alle buone maniere» vanno in fumo
ed a poco o nulla serve un'istruzione di grado elevato.
Per
avere un'idea più completa dei danni provocati da avversioni
trasferali al patrimonio comune, si pensi al fatto che esse si possono
proiettare perfino contro le piante. Potremmo avere una conferma scientifica
effettuando un'indagine psicodinamica fra chi sta distruggendo il
patrimonio boschivo del nostro pianeta.