COSTO PERSONALE, FAMILIARE 
            E SOCIALE DEL “GUSTO DI TRASGREDIRE”
            
            DAGLI INNOCENTI COSIDDETTI CAPRICCI AI PIU’ TRAGICI FATTI TERRORISTICI 
            
            Affrontare 
            moralisticamente la situazione, non solo non giova, ma è controproducente 
            perché fa il gioco del trasgressore
          Certe 
            posizioni forcaiole, come pure certi comportamenti da giustiziere, 
            sembrano dare ragione all’affermazione del mio maestro, prof. 
            Mario Gozzano, affermazione che, sicuro di rispettare il suo pensiero, 
            riformulo leggermente modificata così: le reazioni moralistiche 
            sono sospette dal punto di vista morale e psichiatrico.
            
            Comportamenti oppositivi nei confronti dei genitori fanno parte, “fisiologicamente”, 
            di una ben precisa fase evolutiva.
            Dal punto di vista psicodinamico, il “gusto della trasgressione, 
            entro certi limiti,” è riportabile alla cosiddetta fase 
            dell’opposizione e dei dispetti”, importante 
            espressione della lotta per l’identità, 
            particolarmente ben nota agli psicologi dell’età evolutiva. 
            E’ come se l’Io “si facesse i muscoli” opponendosi 
            all’Io delle persone con le quali si trova in rapporto di dipendenza.
            In realtà, il cucciolo d’uomo, per differenziare la propria 
            facoltà di decidere, dal secondo anno di vita, in coincidenza 
            con la pronuncia del “NO”, inizia a collaudare questa 
            sua capacità, tendendo a fare l’opposto di quel che decidono 
            i genitori.
            E’ appena il caso di rilevare che questa fase risulta difficile 
            da gestire anche per chi sa di psicologia; tuttavia, se il piccolo 
            ribelle ha la possibilità di elaborarla sufficientemente, tanto 
            quanto basti per raggiungere un soddisfacente grado di sicurezza in 
            sé, si adatterà alla vita “normale” in modo 
            socialmente accettabile, senza gravi problemi per sé e per 
            gli altri.
            Per i credenti, può accadere che Dio si giovi anche di problemi 
            psicologici per elevare a santità chi ne soffre. E’ il 
            caso di tanti santi: basti pensare a quello di Francesco d’Assisi 
            che, per i miscredenti, rappresenta un tipico caso di opposizione 
            alla volontà di suo padre che lo voleva continuatore della 
            tradizione familiare, cioè fondata su valori di ricchezza e 
            di potere.
          A 
            parte evenienze provvidenziali, le reazioni trasgressive, psicopatologicamente 
            caratterizzate, esitano in forme problematiche per sé e per 
            gli altri
          Per 
            inciso, una resa totale alla volontà altrui risulterà 
            quasi altrettanto deleteria quanto alcune forme di ribellione, soprattutto 
            per sé stesso, ma anche per la collettività, se non 
            altro per il mancato apporto delle qualità personali così 
            sottratte.
            In effetti, quando la volontà del figlio, sia pure con le migliori 
            intenzioni di questo mondo, con l’alibi della “buona educazione”, 
            viene sopraffatta, l’Io rimane inconsistente, fragile, perfino 
            a rischio di scissione psicotica, specialmente al venir meno di un’eventuale 
            “contenitore”, vale a dire di una persona con la quale 
            aveva stabilito (di solito la madre) o avrà ristabilito (un 
            familiare o “la persona del cuore”) un rapporto simbiotico, 
            ossia con funzioni complementari alle carenti competenze dell’Io 
            del piccolo.
            A volte, l’Io recupera forza e la ribellione potrà scatenarsi 
            - criticamente o presentarsi sotto forme in vario modo sofisticate 
            - negli anni successivi.
            Si pensi alle nefaste conseguenze se reazioni del genere si attueranno 
            durante la vita militare o nei confronti dei datori di lavoro.
            Per comprendere meglio il meccanismo di tali fenomeni, può 
            giovare l’analogia con le reazioni allergiche.In questi casi, 
            la “sensibilizzazione allergica” nei confronti di un rapporto 
            “educativo” oppressivo porta a reazioni che si traducono 
            in varie forme di trasgressione o di violenza contro chiunque eserciti 
            il potere che somigli a quello dei rapporti autoritari subiti durante 
            l’infanzia.
          Forme 
            più comuni di trasgressione
          I 
            modi secondo cui le reazioni conseguenti all’interferenza gravemente 
            disturbante e continuativa della “fisiologica” fase dell’opposizione 
            e dei dispetti sono innumerevoli e possono far parte di buona parte 
            dei vari quadri psicopatologici.
            Possono manifestarsi come “capricci”, rifiuto di alcuni 
            cibi sino a problemi alimentari gravi, quali l’anoressia o la 
            bulimia; problemi scolastici che vanno dalle difficoltà di 
            inserimento e profitto sino alla fobia della scuola; nonché 
            altri problemi ancora più gravi che sfociano nella droga, nella 
            partecipazione a gruppi antisociali, a sette “religiose”, 
            specialmente a quelle sataniche e possono portare perfino a tendenze 
            e azioni terroristiche.
            In proposito, è bene che chi ha a che fare con bambini tenga 
            presente il peso pregiudizievole degli epiteti negativi purtroppo 
            affibbiati ancora comunemente ai piccoli, quali “sei una piccola 
            peste”, peggio ancora: “sei proprio cattivo”, o 
            con intenti scherzosi:: “piccolo delinquente” e via di 
            questo passo.
          Conseguenze 
            di “metodi educativi ingenui”
          La 
            dannosità degli epiteti sopra accennati sta nel fatto che possono 
            cadere su un terreno pronto a recepire suggestioni identificative 
            del genere anzidetto.
            Infatti, il bambino tende naturalmente verso un’identità. 
            Gli può risultare molto suggestiva un’immagine di sé 
            che suoni come qualcosa che torni sgradita agli adulti dai quali si 
            è sentito oppresso. Insomma, un’identità negativa 
            gli può apparire come un’opportunità per ribaltare 
            la situazione di potere e per avere finalmente il coltello dalla parte 
            del manico.
            Alcuni di questi piccoli può smaltire questa tendenza nell’indossare 
            maschere e travestimenti terrificanti, magari soltanto per Carnevale. 
            Purtroppo, il bisogno di rivalsa contro chi gli ha fatto soffrire 
            i propri metodi “educativi” può persistere per 
            tutta la vita. Il che può portare coattivamente alla ricerca 
            di bersagli sostitutivi (trasnsferali).
            Il “meccanismo (o processo) psicodinamico” della compulsione 
            a ripetere può, addirittura, indurre il soggetto a 
            ricercare, appunto ossessivamente, contro i propri interessi, rapporti 
            simili a quelli sofferti, perfino “innamorandosi” di un/a 
            partner autoritario/a.
          Conseguenze 
            sociali
          Da 
            quanto, sia pur molto succintamente esposto, oltre alle già 
            dette sofferenze personali e relazionali in privato, è facile 
            immaginare il costo sociale del “gusto della trasgressione”: 
            dall’imbrattamento con inestetici graffiti murali o sulle fiancate 
            di auto e metro al deturpamento di opere d’arte sino a comportamenti 
            che portano a internamenti in istituzioni totali. Basterebbe pensare 
            che una difficilmente calcolabile percentuale di “trasgressivi” 
            affolla le carceri di tutto il mondo.
            Come per altri fenomeni problematici, è più vantaggioso 
            prevenire tempestivamente anziché intervenire dopo. A tal fine 
            è auspicabile una generale presa di coscienza sulla natura 
            di tali comportamenti e un’adeguata, responsabile preparazione 
            di educatori, anzi di chiunque abbia a che 
            fare con soggetti in età evolutiva.
          Roma, 
            26 ottobre, 2003________ Pier Luigi Lando