PENA DI MORTE CIVILE CON L’ARMA DEL SILENZIO
(Morte da Silenzio)

A pagina VIII-IX del romanzo di Emilio Zola: Teresa Raquin (Alberto Peruzzo Editore, 1985) è riportato il seguente passo da una lettera dell’autore a Edmondo De Amicis: “Qui non si ottiene nulla se non si fa chiasso. Bisogna essere discussi, maltrattati… Purché se ne parli, comunque se ne parli, è una fortuna. La critica vivifica tutto: solo il silenzio uccide”.
Se questo avveniva nell’800, cioè prima dell’inflazione della parola parlata e scritta, prima che il tempo per porre attenzione a ciò che dice o scrive un altro divenisse un arduo problema per tutti, a maggior ragione si verifica oggi che, per giunta, l’attenzione polemica si concentra quasi esclusivamente su ciò che sentenzia o esterna un politico.
Chi scrive oggi deve farlo con l’atteggiamento rassegnato del poeta Francesco Petrarca, ossia all’insegna del “benché il parlar sia indarno…”.
E’ ingenua follia sperare o, tantopiù, pretendere una risposta qualsiasi perfino quando si inviano e-mail a programmi radio-televisivi, a parte qualche lodevole caso, i cui conduttori non si sa perché per tutto il tempo della trasmissione ripetono i loro recapiti e, forse perché sommersi da una valanga di risposte, non si fanno più vivi in alcun modo.
Non se ne parla affatto, poi, di aspettarsi qualche risposta da uno scritto pubblicato o meno. E’ meglio non chiederla, altrimenti si corre il rischio di sentirsi rispondere con un: “interessante!” che lo può dire chiunque non abbia letto neanche un rigo e si voglia togliere soltanto da un comprensibile imbarazzo. E perché si dovrebbe far sentire in imbarazzo chi cortesemente ha avuto la squisitezza di prendere lo scritto, mostrando di apprezzarlo?
Del resto, anche per questo aspetto della civile convivenza, “chi è senza peccato scagli la prima pietra!”


Roma, 20 novembre, 1999________________Pier Luigi Lando