CONSIDERAZIONI SULLA SELEZIONE NATURALE

Tra i più raccapriccianti spettacoli a cui si assiste in Natura, vi sono quelli dovuti alla selezione naturale. La cosa diviene più sconvolgente allorché ci si rende conto che tale selezione non risparmia la nostra specie. Per giunta, oggi ci stiamo rendendo sempre più conto che ad aggravare la nostra situazione siamo proprio noi stessi, non soltanto per quanto riguarda le risorse alimentari, ma anche perché stiamo mettendo sempre più a dura prova le risorse naturali disinquinanti, cioè la capacità degli elementi naturali a smaltire i prodotti tossici di rifiuto.
Mentre si riconosce che per le risorse alimentari si tratta piuttosto di una cattiva distribuzione, per l’esaurimento delle risorse “disinquinanti”, l’attribuzione della responsabilità principale al modello consumistico occidentale richiede un’analisi più approfondita.
In effetti, pur ammettendo che esso sia anche dovuto alla nostra nevrotica insaziabile sete di denaro e di potere, specialmente come bisogno indotto di affermazione di status sociale, v’è da tenere conto che intanto, sia pure in rapida espansione, esso è ancora limitato su scala planetaria e che il ricorso a sostanze tossiche è in buona parte dipendente dallo sviluppo demografico. Man mano che la popolazione aumenta si estende anche il territorio urbanizzato a discapito di quello agrario e del verde in genere, di conseguenza sono necessari mezzi di trasporto e altre fonti di energia inquinanti.
Inoltre, non è più pensabile che per rifornire di derrate alimentari un maggior numero di persone ci si possa accontentare, per esempio, delle porzioni di frutta risparmiata dai bachi o si possa distribuire sui mercati quel poco di vegetali non parassitati o addirittura ammorbati: da qui la necessità del ricorso ad antiparassitari. L’alternativa a metodi biologici si sta facendo faticosamente strada, ma finora si è stati portati a ricorrere a provvedimenti più sbrigativi, in grado di sortire effetti immediati con meno spesa di tempo e di denaro e, come vedremo fra poco, con conseguenze negative e più problematiche.
Le altre specie invece, quando non sussistono le condizioni ottimali per la sopravvivenza e un soddisfacente sviluppo dei figli, regolano la propria demografia o non prolificando oppure eliminando quelli più deboli e, addirittura, quelli in sovrannumero quando sono ancora “in ovo” o neonati.
Gli interessi di mercato che si innestano come bisogni indotti specialmente su frequenti situazioni psicologiche problematiche, costituiscono ovviamente una complicazione prettamente umana. Intanto da tempo l’ecosistema naturale sta dando segni sempre più allarmanti di sofferenza.

PERCHE’ LA SELEZIONE NATURALE?

E’ una questione inquietante e l’unica risposta che appare plausibile è quella che la Natura tende alla perfezione: perfezione che sembra raggiunta soltanto nei cristalli, ma la vita non è cristallizabile, giacché i suoi processi sono caratterizzati da continuo movimento in un incessante alternarsi di entropia e di riorganizzazione armonica. Di conseguenza, tutti gli organismi viventi sono programmati in modo da tendere all’affermazione del più adatto e all’eliminazione dei meno riusciti.
E’ noto come i maschi di altre specie programmati in modo da affermare il proprio patrimonio genetico, spesso uccidano i cuccioli generati da altri maschi anche per mandare in calore la femmina scelta per accoppiarsi.
Mentre nelle altre specie constatiamo che c’è una continua implacabile lotta tra soggetti che provengono da un genoma diverso, negli umani assistiamo a un’eterna lotta tribale che si manifesta come guerre etniche, più o meno razionalizzate e coperte da alibi ideologici e religiosi e guerre più o meno sante, comunque sostenute apparentemente da ragioni in vario modo giustificate, idealizzate, ritenute inevitabili.
In vero, a distanza di tempo, oggi molte di esse si presentano come legate a ragioni storiche, a motivi di rivalsa, ad atavici conti da regolare, ma il “Libro della Natura” ci informa che sotto sotto, all’inizio, c’è stato qualcosa, a dare loro l’abbrivo, che è iscritto nel genoma di tutti i viventi che sembra continui a mantenere una tensione di fondo anche negli umani.

L’Homo sapiens deve giovarsi delle attuali conoscenze per ottenere il miglioramento personale e collettivo in modo più razionale e più “umano”

Quando si parla di regolare la natalità nella nostra specie, ci si deve confrontare con criteri ovviamente molto più complessi rispetto alle altre specie.
In effetti non sono da considerare soltanto le qualità fisiche e di abilità finalizzate alla sopravvivenza dei più prestanti, quindi in perfetta salute e anche esteticamente migliori valevoli per gli altri esseri viventi.
Dotato di potenzialità di gran lunga più ricche rispetto agli animali, ma meno in contatto con le informazioni eredogenetiche, l’uomo non può fare a meno di conoscenze che deve acquisire e utilizzare con avvedutezza.
La nostra specie si sarebbe probabilmente estinta se non avesse fatto tesoro di tante conoscenze: sarebbe morta per aver ingerito sostanze tossiche, ha dovuto, per esempio, distinguere i funghi velenosi da quelli commestibili, ha dovuto scoprire rimedi per curare vari morbi e via di questo passo.
Pur è vero che oggi ci rendiamo sempre più conto che tanti provvedimenti sono stati impiegati sotto la spinta dell’ansia di tamponare situazioni problematiche, senza conoscere a fondo e contestualmente un problema. Insomma l’ottenimento di un risultato immediato è stato spesso ingannevole e ha portato fuori strada, dando luogo a una specie di selezione culturale. Questa consiste di un insieme di informazioni che si traducono in criteri guida e in conseguenti modelli di comportamento.
In ogni campo, da quello ecosistemico fisico-naturale a quello della medicina e della pedagogia (per quanto concerne quest’ultimo ambito, si pensi ai metodi intimidatori, ricattatori, corruttori) oggi l’uomo deve rivedere i criteri secondo cui s’è accontentato di espedienti palliativi, apparentemente risolutivi, ma a lungo termine pregiudizievoli, essendo causa di effetti secondari indesiderati.
Una delle questioni più delicate è quella del criterio della sanità da applicare nella nostra specie. Per esempio, si suole contestare questo criterio in base al fatto che tanti grandi uomini sono stati dei gravi sofferenti, malati nel corpo e perfino nella mente. Sembra in proposito insostenibile la tesi che la sofferenza generi produzioni artistiche e che sia di stimolo alla creatività. Se l’equazione sofferenza/creatività fosse valida, noi dovremmo avere luoghi come gli ospedali e le carceri traboccanti di geni.
Se per assurdo si potessero ottenere produzioni geniali tramite la sofferenza di nostri simili, chi se la sentirebbe di infliggere le sevizie che tormentarono la vita - quanto per dirne di due Grandi - di Beethoven e di Leopardi per far comporre loro altrettante opere stupende?

Qualche altra considerazione sull’intransigente tendenza alla perfezione nei viventi

Nel Vangelo viene riportata un’esortazione di Cristo che sembra dirla lunga in proposito: “Siate perfetti com’è perfetto il Padre mio ch’è nei Cieli”.
Il poeta persiano Homar Khayyàm, nel primo secolo del passato millennio, nelle sue Rubàyàt (quartine) ci dà un’immagine stupenda e nello stesso tempo cruda dell’inesorabilità di quanto accade agli umani. Egli vede tutti noi in balia di un Regista che ci muove come pedine impotenti sulla scacchiera delle notti e dei giorni: in fine conclude affermando che, una volta che Egli ha scritto, né la nostra sagacia o pietà potrebbe indurlo a cancellare una mezza riga né tutte le nostre lacrime potrebbero lavare una sola parola di quanto scritto. In realtà, dall’insieme della situazione sembra che “in Natura” il tutto avviene al di fuori dei parametri delle nostre valutazioni etiche, vale a dire di valori come quelli della pietas, ma anche di disvalori come quello della crudeltà.
Eppure il nostro patrimonio genetico è dotato di informazioni in grado di indurre comportamenti di solidarietà, di protezione dei più deboli specialmente se questi appartengono al medesimo ceppo genetico. Per esempio, è ben noto che gli stimoli chiave di tipo infantile generano atteggiamenti di tenerezza e di prestazioni parentali in molti viventi evoluti, ovviamente umani compresi. Insomma, sembra chiaro che a Madre Natura o a chi per lei o al di sopra di lei interessi la prosecuzione delle specie e al meglio.
Per molti di noi risulta molto gratificante l’essere solidali, anzi sembra che ci si senta buoni e ci si comporti più facilmente come tali quando si ha a che fare con sofferenti, ma gli stessi individui “buoni” mentre hanno a che fare, per esempio, con persone gravemente malate, non di rado divengono “cattivi” allorché assumono ruoli diversi, specialmente in posizione di potere “carrieristico”.
La questione del miglioramento individuale e sociale nella nostra specie al momento è ben lungi da una soluzione soddisfacente, ma l’acquisizione della consapevolezza di una tale complessa problematica diviene sempre più urgente e, grazie alle attuali conoscenze, promettente di proficui sviluppi.
Perché la selezione non avvenga in modo selvaggio nella popolazione umana, al fine di non proseguire nello scempio di tante ricchezze umane, per non avere ogni anno, tra l’altro, dieci milioni di “scheletrini” di bambini morti per fame - come rilevato alcuni giorni fa da Silos Labini in un’intervista a radio3 - varrà la pena di compiere ogni sforzo per approfondire la conoscenza dei processi psico-sociali di tali fenomeni. Di fondamentale aiuto sarà una conoscenza sufficientemente approfondita dei processi vitali, soprattutto su come cellule - programmate per la reazione di rigetto, ma anche per fagocitare altre cellule, nonché passibili di impazzire e distruggere interi organi vitali sino alla morte dell’individuo di cui fanno parte – su come, si diceva, le stesse cellule programmate ad aggregarsi con quelle simili e a rigettare e combattere quelle diverse, poi, sono in grado di cooperare con tante cellule differenti in sintonia con le esigenze vitali dello stesso organismo.

Roma 11 gennaio 2001 ___________________________Pier Luigi Lando