JUBILATE GENTES!


Amici carissimi,
nell'inviarvi questa e-mail-pastorale (quasi un’enciclica) "Jubilate gentes!... "conto sulla stretta osservanza del segreto cui sono vincolati gli iniziati esoterici: Sapete che a me non piace viaggiare e, quindi, neanche andare a quel Paese dove mi assegnerebbero il Nobel. In effetti, dopo le tre sconvolgenti scoperte: riguardo al tempo meteorologico (che cambia da solo), al tempo cronologico (che passa da solo) e che il più nobile scopo per cui siamo nati è quello di fungere da terreno di coltura per innumerevoli piccole creature (quelle di cui Terenzio Varrone, con il lungimirante intuito del suo adamantino cervello, senza quei sofisticatissimi mezzi ottici di cui noi disponiamo oggi, previde l’esistenza così: “Animalia quaedam minuta quae non possunt oculi consequi et per os ac per nares perveniunt atque efficiunt difficiles morbos”) che, senza di noi, non potrebbero sopravvivere (da qui la loro gratitudine che si manifesterà con l’aiuto che generosamente ci daranno per liberarci dalla prigione di questo mondo o, meglio, di quello che Giovanni Pascoli chiamò “quest’atomo opaco del male!”, mentre Wilhelm Reich, nell’Assassinio di Cristo, lo descrisse come una gabbia che i più grandi artisti non possono fare altro che decorarla e i medici prendere cura delle ferite che gli abitanti si infliggono nei tentativi di uscirne ecc.), sto per consegnare a pochissimi iniziati la quarta scoperta che mi fa rischiare, ovviamente, per la quarta volta, l'assegnazione del Nobel (con tutti i conseguenti, direbbe Don Abbondio, incomodi)! Anche questa m'è costata oltre sessanta anni di attente e approfondite ricerche.

Si tratta di un approfondimento del perché ci troviamo in questo mondo, cioè un ulteriore apporto a quanto avevo scoperto grazie alle interviste con gli apocalittici cavalieri di Madame La Peste. Ebbene, mentre è convinzione comune che su questo pianeta siamo approdati per viverci, ecco che apocalitticamente mi si apre il mistero più... misterioso: con la nascita, siamo giunti in una specie di stazione spaziale di lancio (alias pianeta Terra) per proseguire il viaggio verso l'altro mondo, cioè, ripeto, non per viverci, ma per quello che chiamano (diciamolo!) morire! Per inciso, l'umano pudore fa parlare di trapasso all'altro mondo, di passare a miglior vita e via di questo passo: gli eufemismi si sprecano perché finora non era nota questa scoperta che sto per comunicarti.
Torno al sodo, esplicitamente. In verità in verità, devo riconoscere che qualcuno definì i viventi mortali, ma, poi, forse, la stragrande maggioranza, resasi conto della contraddizione in termini (infatti, come può essere che i viventi siano mortali?), ognuno tornò a occuparsi dei fatti propri e degli altri come se nulla fudesse.

Ora, detto come sopra, sembrerebbe che siamo stati immessi in una specie di braccio della morte (intendo quello di Sing Sing). Non è proprio così: adesso sto per illustrarti le enormi differenze. Per essere ammesso a Sing Sing, uno deve subire uno o più processi e, giunto lì, sa che si hanno, a breve scadenza, poco più poco meno, due modalità per passare all'altro mondo, mentre quando si arriva sulla Madre Terra non si sa nulla, si giunge in uno stato di incosciente beatitudine (anche se l'Usignolo di Recanati, nel canto del Pastore Errante dell'Asia, drammatizzando, abbia declamato: nasce l'uomo a fatica ed è rischio di morte il nascimento, prova pena e tormento per prima cosa...) per cui, prima di venire a conoscenza di come si andra’ a finire, ci si può divertire, giocando e, con il possente propellente di Madame la Speranza (“che delude sempre” direbbe la cattiva Turandot), inseguendo chimere (amore eterno, potere, denaro, carriera, intrattenimenti vari dove, alla maniera dei party statunitensi ci si “gasa” a vicenda, per giocare a essere happy e far apparire happy anche gli altri: “vesti la giubba la faccia infarina, ridi pagliaccio...”) come se la condanna a vita, con tutto il resto, dovesse durare in eterno su questo pianetaccio.

Qualcuno potrebbe insinuare che la nascita dia la stura alla serie dei “cari ingani”, di leopardiana memoria, di cui sarà costellata la vita. Per farla breve, la più squisita accortezza mi sembra quella che, oltre a tutti quegli "aiutini" di cui ho fatto cenno nell'Inno all'Ulcera e nell'Ode a Madame La Peste, uno può facilitarsi il fatale passaggio facendo tutto ciò che gli piace: per esempio, mangiando a crepa- (proprio così!) pelle dolciumi e quanto più gli aggrada di cibi prelibati! Provvidenzialmente, questo Pianeta, da quel dì, è stato fornito "a mani piene" di ogni agente (fisico, chimico, biologico e chi più ne sa più ne metta) che aiuta al proseguimento del viaggio spaziale, insomma per far tutto il possibile in modo da non costringere alcuno di noi a rimanere prigioniero di questa "valle di lacrime" (così come ammonì anche il Barone Scarpia, riferendosi limitatamente alla stanza della tortura di Palazzo Farnese, ma estensibile a tutto il nostro ecosistema, quando Cavaradossi, sprezzante, gli disse che se la rideva ancora, tuonò: "Questo è luogo di lacrime!"- ovviamente di gioia!).

Quindi, tranquilli, perché, anche non facendo nulla, prima o poi, si spicca il volo, spese a carico di chi rimane a...terra! A questo punto, come medico, pentito, devo riproporre il mio atto di contrizione perché purtroppo, finora, ossia prima di queste mie scoperte, anche io, accecato dalla cosiddetta scienza medica, avevo considerato le conseguenze di questi benefici esserini Male da combattere: chiamate malattie, anche io adoperai ogni mezzo escogitato da cosiddetti geni benefattori dell’umanità’, per neutralizzare l’opera degli (orribile dictu!, ma, ora, absit injuria verbis) “agenti patogeni”, meritevole, impagabile acceleratrice del decollo da questo pianeta.
Oltretutto, da quando la tecnologia ci ha fornito potentissimi mezzi ottici, abbiamo la possibilità di ammirare la stupefacente bellezza di queste creaturine. Ora se noi maschietti siamo disposti a subire le pene dell’inferno per una bella donna e le donne altrettanto per un bell’uomo, perché non dovremmo essere altrettanto ben disposti a patire da pazienti le conseguenze di una tale dovuta ospitalità?

Che cosa si voleva di più? Scoperto il nobile fine di ogni agente patogeno, dovremo cantare con il simpatico personaggio dell'Elisir d'Amore: "Di più non chiedo" e abbandonarci all’opera liberatrice dei cosiddetti agenti patogeni e di tutti gli altri agenti naturali finora ingiustamente temuti, i cui effetti sono stati considerati, con termini detrattori e terroristici, disgrazie, cataclismi e via di questo passo. così, finalmente, è ora che, jubilando, cantiamo pure noi "vere dignum et justum est equum et salutare…" tutto ciò che aiuta nel senso sopra detto. Contento/a? Spero che tu lo sia come sono io e tutti gli esoterici iniziati "qui jubilant quoquo modo" (all’insegna del: “chi vuol esser lieto sia…”), perché solo la consapevolezza della precarietà di ciò a cui andiamo incontro in questo bel mondo ci darà la possibilità di viverlo con saggio epicureo distacco. Una tale disponibilità potrebbe risultare particolarmente difficile per chi sia convinto che noi umani siamo profondamente predisposti a instaurare legami affettivi così tenaci da vivere i fatali distacchi come lacerazioni sadicamente crudeli e quindi, sia pure vanamente, li contesterà. Vale et jubila quomodocunque et quamquam…!

Roma, 27 dicembre 1999 Pier Luigi Lando

(*) 1) “Tutto nel mondo è burla” (è una delle ultime frasi musicate da Verdi, nel Falstaff);
2) “… l’infinita vanità del tutto” (Leopardi: A Se Stesso) // 3) “ Pàntha rhéi” (Eraclito).

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P. S. Se mai fossi ancora convinto che, grazie a Madame la Sofferenza (che, tra l’altro, ha, il meritevole compito di aiutarci a rifiutare e odiare questo mondo fino a desiderare la dipartita) abbiamo grandi geni come Beethoven e Leopardi e ti preoccupassi che a tutt’oggi ti sia mancato questo propellente creativo, rassicurati che, prima o poi, questa donazione ti sarà elargita “a piene mani”, dopotutto, citando me stesso, ti posso assicurare che “è destino degli umani fregarsi con le proprie stesse mani”. Se, poi, dopo aver passato le pene dell’Inferno, non avrai notato nessun lampo di genio, non ti sarà venuta qualche ispirazione, non avrai prodotto nulla di creativo (?) … boh!…